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CLONAZIONE, FECONDAZIONE ASSISTITA e dintorni
http://www.adaptive.it/ph/fa.htm
by Bruno Caudana
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Risposta a LA BELLA E I MOSTRI di Leonardo Zega [LA STAMPA 19 LUGLIO 2004]

Raccolgo volentieri il suo invito ad alzare il tiro su FECONDAZIONE ASSISTITA e dintorni, discutendone «sine ira et studio » e senza tabù, come lei chiede.

Che ci voglia una legge sulla cosiddetta 'procreazione assistita' è una sua opinione e, per estensione, una fissazione di voi cristiani di dottrina, vincolati dalla vostra cosiddetta MORALE NATURALE. Che tanto naturale non pare, visto che si tratta di una costruzione intellettuale di derivazione tomista a sua volta derivata dalle elaborazioni platonico-aristoteliche sul concetto di NATURA e di ESSERE.

Se si volevano tutelare i bambini (e non gli embrioni o le blastocisti) bastava prevedere tutele simili a quelle per le adozioni. Ma poi, servono davvero tutele di legge per i bambini? Se sono voluti, di solito sono trattati bene, altrimenti forse no. Li protegge davvero la legge?

Che ci voglia una legge per 'tutelare' blastocisti ed embrioni è una vostra libera opinione arbitraria, sulla quale, altrettanto liberamente ed arbitrariamente, io dissento radicalmente. Io semplicemente non ritengo che si debba regolamentare per legge lo stato di blastocisti ed embrioni, né il modo in cui si producono, come non sarei d'accordo a regolamentare per legge le modalità dei rapporti affettivi e sessuali. Ciascuno si regola come preferisce, valutando la questione nel proprio caso concreto senza vincolo di legge. Punto. Ogni azione che si fa ha sempre implicazioni sulla vita e sulla morte di altri. Perché sia una questione arbitraria ha a che fare con la caratteristica di PROCESSO FISICO che il fenomeno VITA ha. Ciò spero risulterà più chiaro con quanto vado a dire sotto.

Non è detto che il Far West procreativo (secondo la sua definizione) sia più mostruoso di un comitato di bioetica o di un tribunale, quando trattano di embrioni e questioni affini. Ci sono molti modi di produrre mostri e fantasmi. Il pensiero cristiano non ha rivali in ciò. Infatti ciò che si pratica in quel Far West, che lei pare detestare, appare mostruoso a voi, ma non ad altri distanti dal vostro modo di pensare.

Non sono d'accordo che sia una legge, per forza di cose astratta e generale e coercitiva per tutti, a fissare se e quando un ovocita, uno spermatozoo, una blastocisti, un embrione o un clone sono ciò che voi chiamate un ESSERE UMANO o cos'altro. Questa decisione, in un processo continuo e dinamico come la VITA, è arbitraria e convenzionale. Perciò preferisco che ciascuno decida nel proprio caso specifico e concreto dei propri embrioni, o degli embrioni affidatigli da Dio, secondo la vostra convinzione. Parlo di 'propri embrioni' perché trovo problematico e incerto capire a quale soggetto Dio affiderebbe la cura e tutela della VITA di chi o che cosa, per un lasso di tempo abbastanza lungo che va dalla produzione di ovociti e spermatozoi fino alla completa digestione del catechismo, che, peraltro, in alcuni non avviene mai. In fondo occorre avere 18 anni dal parto per poter esprimere un voto circa la buona amministrazione della raccolta della spazzatura. Quindi è difficile sperare di avere molto prima di quell'età piena consapevolezza dell'alta missione di cura e tutela della propria VITA affidata a ciascuno di noi da Dio in persona.

Allo stesso modo, non sono disposto ad accettare che l'unione di due gameti sia considerato l'inizio di quello che, con molta superficialità, pensate di poter definire ESSERE UMANO o PERSONA, ecc. La definizione di cosa sia un ESSERE UMANO è meno semplice di quello che può apparire a voi, ed è definibile solo in una prospettiva filosofica dell'ESSERE (come quella platonico-aristotelico-tomista). Preferisco perciò che il formalismo di una legge si astenga dal farlo, implicitamente o esplicitamente.

Voi cristiani di dottrina siete talmente abbagliati dalla tradizione di pensiero platonico-aristotelico-tomista (che voi ritenete VERITÀ) che vi sfuggono del tutto molte questioni elementari. Quella tradizione di pensiero plasma anche l'intero apparato linguistico e concettuale che usiamo nei ragionamenti di cosiddetto 'senso comune', almeno noi di matrice culturale europea, accomunati in ciò con quelli di matrice culturale islamica. Non è detto che quell'apparato sia del tutto idoneo a descrivere i fenomeni evolutivi e dinamici in cui siamo immersi e di cui siamo prodotto.

 

a) VITA

La VITA non è affatto così misteriosa (o sacrale) se si adotta una prospettiva darwinista anziché tomista, e in particolare se si adotta una prospettiva neo-darwinista, quale risulta dalla sintesi della biologia evoluzionista darwiniana e della biologia molecolare (sintesi che ha preso un 50-ennio di dibattiti nel corso del 1900 e di cui figura centrale è Ernst Mayr). Si tratta di un processo fisico (un meccanismo non misterioso) facilmente comprensibile se si adotta una prospettiva evoluzionista, senza il preconcetto di voler distinguere un ESSERE UMANO astratto e separato dalle altre manifestazioni di ciò che consideriamo organismi viventi.

Il DNA è in gran parte comune a tutti gli organismi che ne sono dotati (pezzi di DNA di batteri, insetti, ecc. sono comuni a noi primati, ecc.). La meccanica del DNA è comune a tutti gli organismi biologici. Infatti i cosiddetti organismi transgenici (combinazioni di pezzi di DNA vegetale ed animale, ad esempio) sono qui proprio a dimostrare la relativa permeabilità degli organismi biologici a ricevere pezzi di DNA che la vostra tradizione di pensiero ritiene appartenenti a soggetti di SPECIE PLATONICHE distinte e reciprocamente impermeabili.

La espressione somatica del DNA in organismi biologici macroscopici è a sua volta un processo durante il quale di quell'individuo, sempre diverso, che si costruisce e modifica nel tempo (ma che può avere lo stesso DNA di un altro individuo, come nei gemelli omozigoti, nelle talee o nei cloni), è difficile stabilire un suo ESSERE una cosa o un'altra.

Capisco che la VITA appaia impossibile da comprendere se se ne cercano le ESSENZE platoniche (l'ESSERE UMANO, ecc.) e perciò appaia misteriosa, ma questo dipende dai vostri limitanti e inadeguati preconcetti filosofici, che sono completamente inadatti a rendere conto di OGNI fenomeno dinamico, come il fenomeno VITA. Perciò vi ostinate a cercare punti di demarcazione dove non ce sono, ma a voi appaiono doverci essere, mentre sono solo riflessi immaginari del vostro apparato concettuale. Ad esempio cercate il punto di demarcazione dove un NUOVO ESSERE UMANO comincia, ecc., senza nemmeno rendervi conto della contraddizione in termini che formulate ('cominciare' presuppone un processo, 'essere' indica uno stato statico che voi pensate immodificabile).

Un individuo biologico comincia e finisce continuamente: si trasforma organizzando la materia. Il mistero è tutto interno alla vostra inadeguata formulazione del concetto VITA. Aver capito che il fenomeno VITA è un processo solo debolmente connesso con l'apparato concettuale platonico-aristotelico-tomista ha conseguenze radicali sulla possibilità stessa di formulare proposizioni etiche e giuridiche dotate di qualche senso. Cosa che, probabilmente, ben intuivano i filosofi greci, che cercavano l'ESSERE a costo di imbarazzanti paradossi.

 

b) LICEITÀ

Il concetto di LICEITÀ è formulabile solo all'interno del vostro impianto concettuale di derivazione platonico-aristotelico-tomista. Il concetto di LICEITÀ, come identificazione di un sottoinsieme di azioni lecite rispetto a quelle fisicamente possibili, presuppone un ESSERE ideale delle cose e la possibilità di deviare da tale perfezione per MALEFICIO. Questo concetto non è formulabile al di fuori di un'ETICA DEL FINE che necessita e pretende di formulare un ESSERE delle cose, da questo un loro FINE, e di conseguenza un DOVER ESSERE di esse, distinto da ciò che accade in contrasto con tale DOVER ESSERE. Questa dottrina presuppone una RIVELAZIONE misteriosa di tale ESSERE.

Infatti non può prevedere apprendimento per prova ed errore, pena la distruzione della possibilità di formulare un DOVER ESSERE distinto da ciò che È e ACCADE, e che viene convogliato al nostro apparato sensoriale-neuronale. I 'filosofi naturali' (scienziati) usano come criterio di VERITÀ di una formulazione teorica il fatto che essa non venga confutata da esperimenti o accadimenti in contrasto con la teoria. Nel caso venga confutata, si rivede la formulazione teorica. I sistemi nervosi degli organismi biologici sono in grado di fare questa operazione ciclica di: modellizzazione ipotetica -> confronto con i segnali sensoriali -> revisione del modello. Si tratta di una VERITÀ debole, provvisoria, ma si dimostra efficace per sopravvivere. Ma questa tecnica di apprendimento pilotata dai sensi distrugge alla radice la possibilità di formulare un DOVER ESSERE dotato di VERITÀ che sia diverso da ciò che accade.

Da questo si capisce che non può essere fatta alcuna formulazione di LICEITÀ (determinazione di un sottoinsieme di azioni lecite tra quelle fisicamente possibili) che sia dotata anche di VERITÀ, se si adotta come concetto di VERITÀ non soggettiva quello aperto alla confutazione sperimentale. Cioè OGNI formulazione di LICEITÀ può essere solo soggettiva se si adotta questo concetto di VERITÀ. Di qui la conseguenza che OGNI formulazione di LICEITÀ è arbitraria rispetto a questo concetto di VERITÀ, e dipende solo dal VOLERE considerare lecita o no una certa azione.

 

c) ETICA

È indiscussa premessa di voi cristiani di dottrina che ogni decisione di azione debba essere sottomessa alla valutazione etica, e per di più che l'etica sia qualcosa di fondato e di indiscutibile, e, in aggiunta, che le proposizioni formulate dall'etica siano PER NATURA molto prossime alla precettistica dettata dalla vostra MORALE NATURALE di matrice tomista.

È nota la difficoltà (o il disinteresse) del pensiero greco classico a formulare concetti adeguati riguardo a fenomeni dinamici. Il paradosso di Achille e la Tartaruga ne è un esempio.

Secondo la formulazione del paradosso, il veloce Achille non riuscirà mai a raggiungere la Tartaruga quando questa abbia già anche solo un passo di vantaggio su Achille. Infatti, prima di raggiungere la Tartaruga, Achille dovrà raggiungere il punto dove è partita la Tartaruga, ma per allora essa sarà già avanzata di un po', e così via all'infinito, senza che mai Achille possa raggiungere la Tartaruga.

Formulato da Zenone di Elea nell'ambito del suo sforzo più a largo raggio tendente a negare la realtà del movimento, il paradosso di Achille e la Tartaruga pretende di confutare la realtà del movimento costruendo un ragionamento paradossale. Nell'intenzione di Zenone questo paradosso non può che far concludere che il movimento non esiste. Non gli viene in mente che il problema può risiedere nella sua formulazione concettuale della questione.

Noi sappiamo che se si introducono i concetti di lunghezza, tempo e velocità come lunghezza percorsa in una unità di tempo, propri della nostra fisica attuale, e insieme alcune regole di trasformazione formale dei termini matematici, il paradosso si scioglie come neve al sole. La seguente semplice relazione fornisce una confutazione del paradosso e ci permette di calcolare quando e dove Achille supererà la Tartaruga, in buon accordo con l'osservazione dei fenomeni. Basta mettere in relazione il tempo (t), la velocità di Achille (vA), la velocità della Tartaruga (vT) e la distanza di vantaggio della Tartaruga (d), nel modo seguente (l'asterisco * indica l'operazione di moltiplicazione):

(vA * t) = (d + (vT * t))

dove i due termini della equazione rappresentano la distanza incognita dove gli effetti dei due movimenti si pareggiano. Da questa relazione si ricava anche il valore del tempo (t) oltre il quale Achille avrà superato la Tartaruga:

t = d / (vA - vT)

Ovviamente anche già al tempo dei greci il sistema nervoso del gatto che acchiappa il suo topo, o del topo che schiva il suo gatto, non cascavano nella trappola concettuale di quel paradosso. Ma, a quanto pare, quello dei filosofi greci sì.

Anche la confutazione poco convincente che Aristotele tenta di dare a questo paradosso nella sua Fisica testimonia di questa difficoltà del pensiero greco classico a trattare questioni dinamiche. Né questo ci può sorprendere: il pensiero greco si concentra sulla questione di dare fondamento alla legiferazione per il buon governo della polis. Il mutamento è l'ostacolo cruciale che impedisce ciò. Ancora Aristotele identifica il concetto di NATURA con «la sostanza delle cose che hanno il principio del movimento in se stesse», a sancire che il principale interesse della corrente vincente dei filosofi greci sta nel costruire un sistema razionale dell'ESSERE che emargini il mutamento.

Questo concetto di NATURA passerà nella dottrina cristiana attraverso Tommaso d'Aquino, che la sistemerà in chiave dogmatica, cioè frutto di RIVELAZIONE, per evitare di lasciare la questione esposta alla ricerca filosofica, come era nella civiltà greco-romana. Questo concetto di NATURA rimane intatto nelle varie formulazioni attuali della MORALE NATURALE della dottrina cristiana, nonostante la distruttiva obiezione di metodo nel cercare la VERITÀ formulata dalla 'filosofia naturale' da Galileo in poi. Distruttiva solo per la dottrina cristiana di importazione greca, ovviamente. Resta in piedi quella affabulatoria di fisionomia magico-misteriosa di matrice biblico-evangelica. Ma essa non conta nulla sul piano dei ragionamenti comprensibili. E comunque non si presta a discussione. Si autoproclama parola di Dio, ed è finita lì. Aiuta a scaldare i cuori, come una danza della pioggia che rievoca i miti della tribù, ma non chiarisce nulla.

Quando voi cristiani di dottrina parlate di NATURA, ad esempio di NATURA UMANA o di MORALE NATURALE, avete in mente quel concetto di aristotelico di NATURA.

Peccato sia arrivato Darwin a spiegarci che la VITA è un processo dinamico, un mutare continuo, di cui, se vogliamo identificare un ESSERE, questo lo possiamo forse riscontrare nel fatto di essere la VITA un meccanismo ricorsivo dinamico (una regolarità come lo è la forza di gravità), di cui i cosiddetti 'ESSERI DOTATI DI VITA' sono il prodotto in continua trasformazione. Questi prodotti (i cosiddetti ESSERI UMANI compresi) sono esperimenti casuali di quel meccanismo, esperimenti dell'evoluzione. Non hanno un ESSERE, nel senso cercato da Platone, Aristotele e gli altri greci. Ancora Kant è (e, con lui, lo sono i kantiani), in buona misura e nonostante il tentativo di liberarsene, invischiato in quel pantano, a mio parere.

Ora, qualsiasi impianto di ragionamento etico che voglia essere NORMATIVO, cioè capace di identificare un confine di LICEITÀ e pretenda di essere VERO, non può sottrarsi allo schema della ricerca dell'ESSERE di impianto platonico-aristotelico. Ma questo ha grandi difficoltà a formulare concetti compatibili con il mutamento delle cose. Il che fa supporre che i ragionamenti etici siano trappole concettuali, come lo sono i paradossi di Zenone rispetto ad una formulazione più efficace della fisica.

Il fatto che le dottrine etiche siano molte e differenti, sovente incompatibili tra loro; il fatto che molte massime morali siano in contrasto con la vostra MORALE NATURALE; il fatto che molte massime morali siano sovente in contraddizione tra loro; il fatto che ragionamenti etici astratti producano sovente paradossi quando vengono calati nel mondo fisico dove processi dinamici accadono; tutto ciò non vi solleva mai alcun dubbio circa la consistenza conoscitiva dell'etica stessa.

Chi ha detto che non esistano soltanto volizioni soggettive in eventuale conflitto, attribuibili allo stato del sistema nervoso di un organismo biologico?

Chi ha detto che ciò che viene ammantato come ragionamento etico non sia soltanto affabulazione mediante tecniche retoriche?

Capisco che non poter avere VERI criteri di liceità turbi molti e lasci senza consolazione, ma considerarli veri in virtù di un ragionamento difettoso o di una tecnica retorica non potrebbe essere altrettanto inquietante?

Chi ha detto che prima sta l'etica e poi il resto, come sua ancella?

Chi ha detto che l'etica, intesa come fondazione per la normazione delle azioni, abbia senso?

Chi ha detto che l'etica non sia solo una enorme trappola concettuale quando pretende di normare processi dinamici, allo stesso modo in cui il paradosso di Achille e la Tartaruga è una trappola derivante da una inadeguatezza concettuale dell'apparato filosofico che lo esprime a trattare un semplice e perfettamente comprensibile problema dinamico che coinvolge le nozioni di tempo, spazio e velocità?

Vi capita mai di chiedervelo?

Siete sicuri di essere concettualmente attrezzati per enunciare le vostre prescrizioni dottrinali, da trasformare in leggi coercitive, rimestando nel solito pentolone di Tommaso d'Aquino?

 

d) FAMIGLIA NATURALE

Il concetto di FAMIGLIA NATURALE come costituita da un padre e da una madre che, uniti nel sacro vincolo del matrimonio monogamico, generano figli è solo uno dei possibili modi in cui la propagazione degli organismi biologici avviene.

Avere un padre e una madre riconoscibili non è un bisogno così ovvio come vorreste fare apparire (anche subdolamente o involontariamente, proponendo ideali di normalità di comportamento ai più piccoli, in modo tale che ci pensino loro ad emarginare chi non si propone conforme a ciò che viene loro inculcato come norma, e ne inducano sofferenza). Molti crescono con un solo genitore, altri in famiglie allargate, fatte di più figure paterne e materne, altri con figure sostitutive. E questo non è un fenomeno attuale, conseguenza della 'crisi della famiglia', ma è accaduto per secoli, ad esempio nella civiltà contadina.

Ciascuno di noi non ha solo genitori, ma ha molte figure altrettanto importanti per la formazione di sé. In altre culture la paternità è, o era, addirittura collettiva. Il modello monogamico non è neppure quello statisticamente più diffuso, se si considera il complesso degli esseri viventi. Ma, probabilmente, non è neppure quello statisticamente più diffuso tra i primati homo sapiens , se si prende in considerazione un arco temporale di 50-100 mila anni e tutto il pianeta. Persino all'interno del ristretto gruppo di popolazioni che adottano il vostro concetto di FAMIGLIA NATURALE (che poi è una formulazione concettuale di impianto platonico-aristotelico-tomista, adottata in una parte ristretta del pianeta per alcuni secoli, ed è essa stessa soggetta a variazioni nel tempo) una percentuale non irrilevante della progenie è frutto di accoppiamenti e altre pratiche da voi definite illecite, progenie che la vostra bollatura di illiceità contribuisce ad emarginare.

Perché la poligamia di fatto (poliandria e poliginia) è così diffusa anche in quelle culture di tradizione cristiana, tanto che si può dire che quasi ciascuno in quelle culture ha, e ha sempre avuto, esperienze poligamiche durante la propria vita?

La spinta alla poligamia è così forte che voi avete uno specifico comandamento che proibisce persino di desiderarla. È sufficiente considerare la monogamia una cosa normale solo perché istituzioni giuridiche relativamente recenti rispetto alla evoluzione degli ominidi, storicamente nate per emanazione delle vostre istituzioni ecclesiastiche succubi della MORALE NATURALE, non riconoscono la poligamia nei loro codici, in contrasto con la pratica altamente diffusa?

Cos'è che vi turba così tanto in ciò da non riuscire ad immaginare nulla di diverso? Cosa vi autorizza a mettere becco in ciò, visto che per vostra stessa definizione e autolimitazione vi è proibito di sperimentarla (anche se, si sa, talvolta la carne è debole)? Chi dice che resisterà in futuro il modello di famiglia astratta che voi proponete, e che peraltro negate nei fatti e in teoria con le vostre comunità monastiche, paramonastiche e con le molte e assai meritorie e varie comunità di assistenza (N.D.R: persino la più sacra delle vostre famiglie è costituita da un uomo che sposa una vergine incinta di qualcun altro, benché illustre padre che sta nei cieli, cioè è una famiglia con prole 'eterologa')?

Dico questo non perché io abbia chissà quale modello alternativo di famiglia da proporre. Niente è più distante dalla mia indole che proporre modelli e precetti astratti di comportamento, come spero si sia capito. Volevo solo dire che io stento a riconoscere nello schema astratto di FAMIGLIA NATURALE che avete coniato per l'occasione, la complessità di figure e strutture genitoriali e parentali, di reti di relazioni e di comportamenti che io constato in quell'intricato gruppo concreto di persone legate da relazioni affettive che circondano ciascuno di noi e che vengono troppo banalmente schematizzate e non colte con il termine famiglia. Se il nostro bisogno di vivere associati in reti di relazioni dipendesse dal fatto che sussista o meno quello schema astratto che voi proponete come FAMIGLIA NATURALE, ci saremmo già estinti da ben prima di aver imparato a scheggiare pietre per farne utensili. Per fortuna la gamma dei comportamenti di qualsiasi organismo biologico è ben più robusta, complessa, flessibile e adattabile di così come parrebbe dover essere secondo i vostri precetti. Con il concetto di FAMIGLIA NATURALE per poter distinguere prole OMOLOGA ed ETEROLOGA avete centrato un culmine di banalità. Il vostro S. Tommaso d'Aquino ne sarebbe probabilmente sconcertato e sconsolato.

 

DOMANDA

Perciò le faccio una domanda completamente disinteressata. Non sono un medico, non sono un ricercatore interessato a lavorare con le cellule staminali embrionali. Non sono neanche particolarmente interessato al 'PROGRESSO' di alcunché, dato che esso presuppone un FINE assoluto verso cui progredire, mentre per me esistono solo volizioni e desideri individuali nel vortice dell'evoluzione senza finalità. Mi piace solo discutere delle questioni che trovo discutibili. Non sono interessato a praticare fecondazioni assistite di sorta, e, se lo fossi, cercherei di praticarle comunque a mio piacere e giudizio, valutando la questione del caso. E poi, chi siete voi per venirmi a dire se e come potrei o non potrei riprodurmi? Avete una vaga sensazione dell'enormità della vostra presunzione?

Perché trovate così strano che altri trovino una scemenza la legge sulla procreazione assistita che avete fatto approvare in Italia al solo scopo di imporre il concetto di VITA dettato dalla vostra MORALE NATURALE? Perché dovrei accettare di essere vincolato dalla vostra MORALE NATURALE che trovo incomprensibile, visto che nessuno pretende di vincolare voi a non praticare la vostra bizzarra MORALE NATURALE?

Conosco l'obiezione. Voi affermate di tutelare il nascituro e che questo fa parte del dettato della vostra MORALE NATURALE, e ciò vi autorizza a vincolare il volere di altri che pensano diverso. Capisco l'obbligo morale che quella concezione comporta in questa materia, ma, se vale questo, è possibile solo conflitto o adesione al vostro modo di vedere la questione. Perché non c'è margine di composizione, ad esempio con chi vede la VITA come un PROCESSO e lascia alle valutazioni soggettive la condotta da tenere caso per caso, ad esempio riguardo a ovociti, spermatozoi, blastocisti ed embrioni.

Vorrei solo chiedervi: a quale nascituro vi riferite? Non può essere un nascituro in generale. Sarà sempre un certo nascituro a discapito di un altro, come inevitabilmente sempre accade in un mondo fisicamente limitato, e in contrasto con le stesse affermazioni generali vostre di voler tutelare la vita umana in generale. In un mondo fisicamente limitato è fatale che organismi dotati di capacità riproduttiva enormemente esuberante, rispetto allo spazio disponibile ad ospitare tutta la potenziale progenie, occupino un posto a discapito di molti altri che lo potrebbero anche loro occupare con pari titolo. Questa è una condizione dell'esistenza fisica, come la forza di gravità. Il fatto è che le affermazioni etiche generali che arrivano dalla tradizione di pensiero platonico-aristotelico-tomista producono sempre, prima o poi, paradossi nel mondo fisico limitato in cui avvengono processi dinamici. Questi paradossi sono una conseguenza logica derivante da quella impostazione di pensiero, che vuole rappresentare con inadeguati concetti statici ciò che è dinamico, e non da una imperfezione o malvagità del mondo. Il mondo sta lì come una sfinge. Pretendere di sapere come dovrebbe essere, e pensare di doverlo adeguare a come si pensa dovrebbe essere, mi pare velleitario. Mi pare già tanto cercare di capire, in modo appena un po' affidabile, come funziona, e cercare di tenere a bada ciò che ci dispiace soggettivamente.

In ogni istante ciascuno di noi prende decisioni di azione che escluderanno ad altri la possibilità di diventare ESSERI UMANI (secondo la vostra terminologia) o esperimenti dell'evoluzione (secondo una terminologia evoluzionistica). Ad esempio: consumando noi oggi una qualsiasi risorsa limitata per sopravvivere (ad esempio petrolio), impediamo di fatto a qualcun altro di farlo in futuro e di sopravviverne; cioè, in piena consapevolezza, sappiamo di impedire la vita di qualcun altro, altrove o nel futuro. Oppure, ad ulteriore esempio, voi, volendo vietare la clonazione riproduttiva, escludete d'imperio dal consesso dei viventi il potenziale individuo clonato. Volendo vietare la riproduzione 'eterologa' (sublime aggettivo), voi impedite ad esseri umani 'eterologhi' di venire al mondo: perché discriminare tra esseri umani 'omologhi' ed esseri umani 'eterologhi'? E poi: ogni spermatozoo che feconda un ovocita impedisce a tutti gli altri co-ejaculati di evolvere in altrettanti esseri umani diversi tra loro. Ogni ovocita che evolve in mestruazione non incrocia altrettanti spermatozoi e impedisce l'ingresso nel mondo di altrettanti esseri umani (ovvero esperimenti dell'evoluzione). Dovremmo pensare di tutelare ogni ovocita e ogni spermatozoo, o ogni cellula perché contiene DNA e opportunamente manipolata potrebbe formare un nuovo organismo? Oppure non lo dobbiamo fare solo perché sono troppi? Ma che senso ha, allora fare una affermazione generale di tutela della VITA, se poi vale un criterio come quello dell'essere troppi? Oppure non lo dobbiamo fare perché vi è implicata una manipolazione tecnica? Ma il processo da voi definito NATURALE non è forse una manipolazione tecnica di spermatozoi e ovociti? Ogni comportamento non è forse tecnica provata una prima volta ed eventualmente ritentata a piacere? Il fatto che operi il caso (voi direste la PROVVIDENZA) è forse meglio rispetto a che operi la scelta? Ma poi come conciliate questo con la vostra dottrina della libertà che permette di scegliere il VERO BENE (quella strana appendice della dottrina dell'ESSERE detta LIBERO ARBITRIO, che vi è necessario postulare per spiegare come mai, pur conoscendo il VERO BENE, cioè ciò che è lecito fare, qualcuno, pur agendo illecitamente, cioè facendo il MALE, prospera lo stesso in questo mondo fisico senza essere immediatamente fulminato dalla onnipotenza, onniscienza e infinita giustizia di Dio)? Ha senso chiedersi cosa sia MEGLIO in queste cose? Ha forse questo MEGLIO una valenza oggettiva convincente, comprensibile?

E allora?

Saluti.
--
Bruno CAUDANA
b.caudana@ieee.org


----- Original Message -----
From: Zega Leonardo
To: Bruno CAUDANA
Sent: Thursday, July 29, 2004 1:12 PM
Subject: Re: FECONDAZIONE ASSISTITA e dintorni

Gentile Signor Caudana,
discutere è un conto (e lei lo fa con contenuta irritazione, non proprio "sine ira et studio", non è così?); distorcere è un altro: lei presume che la legge sia "cattolica", imposta dalle gerarchie, senza fondamento razionale alcuno, e spinge al paradosso la semplice affermazione che l'embrione (forse) "è uno di noi" (tesi del prof. D'Agostino) e non un'amorfa e casuale combinazione di cellule. Su quali basi? Darwin non è il demiurgo onnisciente del mistero della vita. Senza cattiveria, mi vien da citare Chesterton che diceva a proposito delle "certezze" dei non credenti: «Gli atei non credono in Dio. Credono in tutto il resto». Ho letto comunque con piacere e profitto e la ringrazio dell'attenzione. Un caro saluto.

Don Leonardo Zega


----- Original Message -----
From: Bruno CAUDANA
To: Zega Leonardo Sent:
Friday, July 30, 2004 12:28 AM Subject:
Re: FECONDAZIONE ASSISTITA e dintorni

Grazie per l'attenzione.

Spero di riuscire a rendere più chiaro il mio pensiero che non è un voler fare paradossi a caso, quanto piuttosto il cercare di sciogliere quelli che sorgono dalla vostra concezione della VITA e dalla vostra MORALE NATURALE. E spero di mostrare che se qualcosa di razionale c'è nella dottrina cristiana, esso è razionale solo nell'ambito dell'apparato concettuale dell'ESSERE (Platone, Aristotele, Tommaso d'Aquino, per semplificare), apparato concettuale che però è insoddisfacente rispetto alle questioni che la biologia razionale (razionale nel senso di Galileo) pone. Queste sono le basi per le mie argomentazioni.

La mia contrarietà alla legge [ http://www.adaptive.it/ph/fa.htm ] non è la cosa importante di quello che ho detto. Non ho alcun interesse particolare a quel proposito. E non sono così ingenuo da pensare che una qualsiasi gerarchia ecclesiastica abbia tentato di interferire nella legiferazione. Ha molti credenti che lo fanno già di loro iniziativa, per obbedienza alla MORALE NATURALE. E poi non avrei nulla da dire se anche lo avessero fatto. La mia contrarietà a quella legge sta nel fatto che impone una visione della VITA discutibile anche a chi, ritengo con solidi argomenti, non pensa che la VITA sia quella cosa implicitamente sottintesa da quella legge, che è la concezione cristiana della VITA.

Il fatto è proprio che, quanto a casualità e organizzazione della materia, una blastocisti, un embrione, un gamete, un batterio, io che scrivo, un gorilla, ecc., non hanno nulla di qualitativamente diverso tra loro. Sono tutti esperimenti biologici in una qualche fase di esso. Capisco che essere ridotti al rango di esperimento biologico quando uno pensa di "essere fatto ad immagine e somiglianza di Dio" suona sgradevole. Ma l'affermazione di "essere fatto ad immagine e somiglianza di Dio" è una pura affermazione gratuita e arbitraria, che qualcuno fa di se stesso.

Porre l'alternativa se un embrione è "uno di noi" o "un'amorfa e casuale combinazione di cellule" è una questione senza senso in biologia. Perché si può benissimo pensare una tecnica e una macchina che, a partire dall'informazione di un genoma qualsiasi memorizzata in un computer (e magari pure facendo qualche ritocco quà e là sul database del DNA, come succede per casuale mutazione e per casuale ricombinazione sessuale del DNA) e attraverso un processo chimico-fisico di embriogensi, organizzi la materia (atomi e molecole) fino a produrre un individuo che potrebbe sia essere un clone, oppure assomigliare un po' a lei o a me, oppure assomigliarci un po' ma poco, come un uomo di Neanderthal, oppure assomigliarci appena un po' meno, come un gorilla, oppure assomigliare pochissimo a qualunque organismo conosciuto, come chissà quale organismo del futuro o del passato estinto. Quale sarebbe il confine tra "essere uno di noi" e il non esserlo? Siamo davvero sicuri di capire cosa vuol dire "essere uno di noi" in modo non soggettivo e nei termini assoluti con cui pretende di dircelo la dottrina cristiana? Darwin ci direbbe che questo individuo sarebbe, come ogni organismo biologico, un esperimento dell'evoluzione di cui la "selezione naturale" decreterà il successo o il fallimento in funzione del casuale ambiente in cui sarà immerso. In altre parole, il casuale ambiente incontrato potrà favorire o contrastare la capacità di lasciare progenie propria di quell'esperimento dell'evoluzione in modo più o meno marcato rispetto ad un suo competitore per le risorse necessarie a vivere.

Anche se tale tecnica è sicuramente al di fuori della nostra capacità manipolatoria attuale, non è questo che conta. La biologia attuale ci spiega che non ci sono ostacoli fisici di principio nel poter fare ciò. Il saper fare cloni di mammiferi è solo un primissimo passo nel saper fare ciò in concreto. Il che, comunque, già fa vedere chiaramente che non si tratta di magia. Si tratta solo di saper fare le opportune manipolazioni tecniche, come già fanno gli organi di riproduzione evolutisi nel tempo che i vari organismi biologici posseggono. Questi organi sono già diventati, per "selezione naturale", quelle macchine che possiamo pensare di costruire. Non c'è più mistero di principio in ciò.

Non è importante discutere qui se si tratta di voler fare ciò o no (o se sia mostruoso o no, o se sia lecito o no, questioni ancor più prive di senso). Si tratta del fatto che il sapere di poter fisicamente fare ciò annulla la questione se un embrione (con DNA simile a quello della gamma di DNA degli homo sapiens del 2000, occorre aggiungere, altrimenti la cosa è ancor più insensata) è "uno di noi" o "un'amorfa e casuale combinazione di cellule". È entrambe le cose. Cioè è ciò che vogliamo che sia, e non un ESSERE una cosa o l'altra.

Cosa sarebbe un organismo completamente prodotto "artificialmente" da una simile macchina configurabile, capace, all'occorrenza, di produrre sia cosiddetti gorilla sia cosiddetti uomini? Quella macchina produrrebbe "uno di noi" o "un'amorfa e casuale combinazione di cellule"? Si tratta di una questione piena di retorica, ma vuota di senso, quella posta dal prof. d'Agostino, rispetto alla VERITÀ biologica. Al tempo di Aristotele o di Tommaso d'Aquino non c'era nemmeno la possibilità di immaginare queste questioni. E loro affrontavano le questioni che lo stadio di sviluppo del pensiero proponeva loro. Ma ora, le questioni poste dalla biologia attuale (questioni poste all'apparato concettuale degli homo sapiens del 2000 prima ancora che all'etica espressa in quell'apparato concettuale), possiamo solo o ignorarle per negligenza, o affrontarle. A mio parere, sapere quello che la biologia ci fa sapere sui MECCANISMI della VITA mette radicalmente in questione l'apparato concettuale che fa fare domande come quelle del prof. d'Agostino. Non so se riesco a spiegarmi.

Ma so già che voi non potete discutere la vostra concezione della VITA, pena l'abbandono di tutto ciò in cui credete. Sta proprio lì la impossibilità di discutere con voi davvero senza tabù.

Comunque la questione di fondo di quanto ho discusso nella precedente e-mail è su cosa considerare VERITÀ quando si parla di LICEITÀ. In base alle argomentazioni che ho svolto, non si può parlare di VERITÀ a proposito di ragionamenti etici, e sollevo questione circa il fatto che ragionamenti etici producano conoscenza di cosa è VERAMENTE BUONO e cosa no, se per criterio di VERITÀ adottiamo l'unico che si è dimostrato affidabile per capire COME il mondo funziona, e cioè quello che ci costringe a cambiare teoria quando una OSSERVAZIONE o un esperimento mette in questione la teoria. La teoria di Darwin è una teoria con questi criteri. Essa è provvisoria, discutibile e "sotto giudizio" delle osservazioni. La teoria della MORALE NATURALE, o della RIVELAZIONE dell'ESSERE, no. Non so se vede la differenza.

Non si tratta di credere a Darwin come ad un qualunque profeta mistico, che può dire una cosa o un'altra, indifferentemente, dove ciò che conta è suscitare fede cieca. Darwin (tra l'altro rivisitato attraverso la sintesi di biologia molecolare e biologia evoluzionista, che ne evidenzia la genialità e grandezza di pensatore) propone un meccanismo comprensibile (non misterioso) con cui spiegare il fenomeno VITA nella sua dinamica, e non pretende di saperci dire se un embrione "è uno di noi". Rende anzi impossibile identificare il "noi", come invece si intende nell'apparato concettuale che ho etichettato dell'ESSERE (intendendo con il "noi" la possibilità di identificare classi separate di individui raggruppabili in SPECIE distinte). È l'apparato concettuale dell'ESSERE che non funziona per spiegare i fenomeni che mutano, e in modo particolare il fenomeno VITA. Darwin sovverte l'apparato concettuale dell'ESSERE per poter spiegare la VITA nella sua dinamica, e la spiega delineando in ipotesi (teoria) un meccanismo che dà senso unitario, concreto e non misterioso ai fenomeni biologici, come Newton formula per via ipotetica la legge di attrazione dei corpi che dà senso unitario concreto e non misterioso ad una vasta classe di fenomeni gravitazionali. Il fatto che disturba, rispetto a Newton, è che qui si tratta anche di ciascuno di noi direttamente, e del modo in cui il nostro stesso pensare e agire si esplicano. Ci detronizza da dove ci eravamo messi.

Se si esce da quell'apparato concettuale dell'ESSERE, diventa impossibile demarcare con VERITÀ il confine di cosa è o non è un ESSERE UMANO, ad esempio. Cioè diventa arbitrario lo stabilire il confine di quella classe, perché tale classe è una provvisoria CLASSIFICAZIONE fatta dal nostro apparato concettuale soltanto. Di qui la conseguenza che ciascuno lo mette dove vuole arbitrariamente, e io preferisco che non sia una legge a stabilirlo.

Quindi o ci teniamo il MISTERO della VITA e l'apparato concettuale dell'ESSERE, o sciogliamo il mistero della VITA e perdiamo l'illusione di poter dividere il mondo in SPECIE ferree a cui attribuire diritti, prerogative speciali e realtà metafisiche. Il mondo fisico ha già scelto. Sta lì. Si tratta di scegliere se lo vogliamo guardare o no. Di altri mondi possiamo solo parlare dicendone qualsiasi cosa ci piaccia.

Ma non sono sicuro di riuscire a farmi capire da voi credenti. Se si vuole capire occorre almeno immaginare di perdere la fede in Dio, con tutto quanto di "umanistico" e di "divino in noi" c'è in ciò, e con la convinzione che occorra un sommo artefice per creare il mondo. Ciò detto, so benissimo che non è un mondo consolante quello che viene fuori. Ma può una illusione consolante ma intellettualmente insoddisfacente, come la vostra fede in Dio, scalzare la comprensione di un meccanismo che rende ciò che ci circonda abbastanza chiaro e ben poco misterioso?

Saluti.
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Bruno CAUDANA
b.caudana@ieee.org


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